Biodiversità

Dopo aver parlato di cosa sta succedendo al pianeta, passiamo a parlare di cosa si può fare per contrastare il fenomeno , o almeno come rendere il nostro ambiente più resistente al cambiamento in atto. Ovviamente ne parlerò dal punto di vista dell'agricoltura, e ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione: la gestione del suolo, dell'acqua, dei parassiti ed in ultimo lo stoccaggio, la trasformazione e la vendita dei prodotti agricoli. Qui parleremo dell'importanza della biodiversità. Poichè i tanti cambiamenti causati dall'uomo stanno seriamente minacciando la biodiversità sia animale che vegetale, una delle misure più urgenti da attuare è di salvare il più possibile la nostra biodiversità. La biodiversità ci fornisce un gran numero di beni e di risorse, proteggerla è nel nostro interesse. Nella tabella seguente si vede per esempio il valore in dollari Usa dei servizi ecosistemici per ettaro di foresta tropicale.

La perdita di biodiversità ha ripercussioni negative sui nostri approvvigionamenti di generi alimentari, sulle opportunità di ricreazione e turismo, sulle fonti di legname, medicine ed energia. Inoltre interferisce con le funzioni ecologiche essenziali. La perdità di biodiversità riduce spesso la produttività degli ecosistemi, intaccando di conseguenza il "paniere naturale" di beni e servizi, da cui attingiamo costantemente. Essa destabilizza gli ecosistemi, indebolisce la loro capacità di far fronte ai disastri naturali quali inondazioni e siccità, ma anche agli stati di stress provocati dall'uomo come l'inquinamento ed i cambiamenti di clima. È stato calcolato anche il costo ed il rapporto benefici/costi dei restauri ambientali, che come si vede dalla seguente tabella è molto vantaggioso.

Ma bisogna fare qualche passo indietro per capire perchè la biodiversità agricola è così diminuita. Parleremo innanzitutto della diversità delle piante e degli animali selezionati dall'uomo. Negli ultimi decenni si sono perse migliaia di varietà coltivate e selezionate dagli agricoltori per millenni. Questo perchè l'industria agricola moderna ha cercato solo di migliorare le razze più produttive, abbandonando la maggior parte delle varietà meno produttive, ma molto importanti come serbatoio di geni. Salvare tutte le varietà ancora esistenti è molto importante proprio per questo motivo. Col cambiamento in atto, del quale non sappiamo ancora come si evolverà, solo la maggiore quantità di informazioni genetiche possibile ci potrà garantire una qualche possibilità di trovare le varietà adatte alle nuove condizioni ambientali che si verranno ad instaurare. Varietà che magari prima crescevano bene in certe zone con determinati climi poi magari potranno crescere in altre zone, o magari si potranno selezionare nuove varietà a partire da varietà che hanno già delle qualità quasi adatte, o incrociare varietà antiche per ottenere nuove varietà, insomma, l'umanità seleziona da millenni tante varietà di piante ed animali, ed è davvero stupido buttare via il lavoro di milioni di agricoltori solo per inseguire la maggior redditività a breve termine. Per fortuna ci sono ormai molte persone, ma anche aziende, che stanno salvando una gran varietà di sementi e piante da frutta antiche. Purtroppo ci sono anche aziende che stanno brevettando molte varietà come se fossero un loro prodotto, quando invece come dicevo prima sono il frutto di centinaia di generazioni di contadini, e quindi dovrebbero essere patrimonio dell'umanità.

Ma non è solo questa la biodiversità da proteggere. Infatti le specie di esseri viventi selvatici ci forniscono molti servizi importanti. Innanzitutto per quanto riguarda la biodiversità si considerano tre livelli di diversità: a livello genetico, di specie e di ecosistema.

La diversità di ecosistema definisce il numero e l'abbondanza degli habitat, delle comunità viventi e degli ecosistemi all'interno dei quali i diversi organismi vivono e si evolvono.

La diversità di specie comprende la ricchezza di specie, misurabile in termini di numero di specie presenti in una determinata zona, o di frequenza delle specie, cioè la loro rarità o abbondanza in un territorio o habitat.

La diversità genetica definisce la differenza di geni all'interno di una determinata specie; essa corrisponde quindi alla totalità del patrimonio genetico a cui contribuisconno tutti gli organismi che popolano la terra.

La biodiversità rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema (di una foresta, di un lago, di un suolo agricolo e così via). Infatti è stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce all'insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni, frane o tempeste, diminuisce il livello di salute all'interno della società, riduce la disponibiltà e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali.

Ogni specie, poco importa se piccola o grande, riveste un ruolo specifico nell'ecosistema in cui vive e proprio per questo aiuta l'ecosistema a mantenere i suoi equilibri vitali. Anche una specie che non è a rischio su scala mondiale può avere un ruolo essenziale su scala locale. La sua diminuzione a questa scala avrà un impatto per la stabilità dell'habitat. Per esempio, una più vasta varietà di specie significa una più vasta varietà di colture, una maggiore diversità di specie assicura la naturale sostenibiltà di tutte le forme di vita, un ecosistema in buona salute sopporta meglio un disturbo, una malattia o un'intemperie, e reagisce meglio.

La biodiversità, oltre al valore per se, è importante anche perchè è fonte per l'uomo di beni, risorse e servizi. i cosiddetti servizi ecosistemici. Di questi servizi, che si classificano in servizi di supporto, di fornitura, di regolazione e culturali, beneficiano direttamente o indirettamente tutte le comunità umane, animali e vegetali del pianeta.

Gli stessi servizi hanno un ruolo chiave nella costruzione dell'economia delle comunità umane e degli stati. Ad esempio, la biodiversità vegetale, sia nelle piante coltivate che selvatiche, costituisce la base dell'agricoltura, consentendo la produzione di cibo e contribuendo alla salute e alla nutrizione di tutta la popolazione mondiale.

Oltre un terzo degli alimenti umani - dai frutti ai semi ai vegetali - verrebbe meno se non ci fossero gli impollinatori (api, vespe, farfalle, mosche, ma anche uccelli e pipistrelli), i quali, visitando i fiori, trasportano il polline delle antere maschili sullo stigma dell’organo femminile, dando luogo alla fecondazione. Ci sono 130 mila piante a cui le api sono essenziali per l’impollinazione. Purtroppo le api stanno subendo un declino drammatico in questi ultimi anni, per via della distruzione e degradazione degli habitat, di alcune malattie, dei trattamenti antiparassitari e dell’utilizzo di erbicidi in agricoltura. Alcune ricerche in corso ipotizzano anche un’influenza delle onde elettromagnetiche, sempre più in aumento per via dei ripetitori di telefonia mobile. Pare che le radiazioni interferiscano con il sistema di orientamento degli insetti, impedendo loro di rintracciare la via dell’arnia e portandoli a disperdersi e morire altrove.

Le risorse genetiche hanno consentito in passato il miglioramento delle specie coltivate e allevate e continueranno a svolgere in futuro questa loro funzione. Tale variabilità consentirà anche di ottenere nuove varietà vegetali da coltivare o animali da allevare e di adattarsi alle mutevoli condizioni climatiche e ambientali.

La biodiversità fornisce nutrimento (vegetali e animali), fibre per tessuti (cotone, lana, ecc.), materie prime per la produzione di energia (legno e minerali fossili) ed è alla base di molti medicinali. La perdita e l’impoverimento della biodiversità ha impatti pesanti sull’economia e sulle società, riducendo la disponibilità di risorse alimentari, energetiche e medicinali. Attualmente il mercato mondiale dei farmaci vale 650 miliardi di dollari e quasi la metà si basa su farmaci tratti, direttamente o indirettamente, dai regni vegetale e animale.

Purtroppo la biodiversità è in forte diminuzione in quasi tutto il pianeta.

In Europa sono a rischio di estinzione: il 42% dei mammiferi autoctoni, il 15% degli uccelli, il 45% delle farfalle, il 30% degli anfibi, il 45% dei rettili, il 52% dei pesci di acqua dolce.

In Italia risultano estinte ben 13 specie animali (10 uccelli, 1 mammifero e 2 rettili) e circa 400 specie sono minacciate d’estinzione; di queste almeno 50 sono in grave pericolo. E questo solo per quanto riguarda i vertebrati, tra gli invertebrati la situazione è molto peggiore. Si sono ormai estinte tante specie legate alle falde acquifere, per esempio tante specie cavernicole, ma anche di acque dolci superficiali. Infatti tutti gli organismi di acqua dolce sono tra i più seriamente minacciati, perchè la maggior parte degli inquinanti prima o poi finisce nelle acque dolci e poi in mare. Ma mentre in mare gli inquinanti si diluiscono (fino ad un certo punto) nei corsi d'acqua e nei laghi si trovano in concentrazione molto maggiore. Per questo molti invertebrati che hanno almeno uno stadio acquatico, e la maggior parte dei pesci d'acqua dolce e gli anfibi italiani sono a forte rischio di estinzione, o sono comunque molto ridotti.

Nonostante ciò l'Italia è uno dei paesi europei con la maggiore biodiversità d'Europa, grazie sia alla posizione di confine tra l'Europa continentale ed il Mediterraneo, sia alla grande varietà di ecosistemi ed habitat presenti nel nostro paese.

Esistono diverse cause per la perdita della biodiversità.

La causa principale della perdita di biodiversità sono la distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat, causati a volte da calamità naturali (come incendi, eruzioni vulcaniche, tsunami, alluvioni ecc.), ma soprattutto dai profondi cambiamenti del territorio dovuti all'opera dell'uomo. La costruzione di strade, aeroporti, dighe, miniere, centri commerciali, parcheggi e zone residenziali per esempio sta distruggendo molti habitat e contribuisce alla frammentazione degli habitat, oltre ad aumentarne la vulnerabilità.

A questa distruzione o degradazione degli habitat contribuiscono vari altri fattori:

-I cambiamenti climatici hanno già prodotto effetti significativi sulla biodiversità, sia nella distribuzione delle specie che nel mutamento dei cicli biologici.

-L'inquinamento proveniente dall'industria, dagli scarichi civili, ma anche dall'attività agricola, che impiegando concimi chimici, pesticidi e diserbanti alterano profondamente il suolo, e, con il dilavamento delle piogge, anche le acque interne ed il mare.

-L'introduzione di specie alloctone, dette anche aliene, cioè originarie di altre aree geografiche, rappresenta un altro grave pericolo. È stato calcolato che circa il 20% dei casi di estinzione di uccelli e mammiferi è dovuta all'azione diretta di animali introdotti dall'uomo. Gli animali introdotti possono essere più competitivi nell'utilizzo delle risorse naturali, possono essere predatori più efficienti di quelli naturali, possono introdurre nuove malattie.

-Anche la caccia e la pesca eccessiva e indiscriminata possono aggravare situazioni già precarie per altri motivi.

Ma visto che queste pagine sono centrate sui cambiamenti climatici vediamo che relazione esiste tra questi e la biodiversità.

Ci sono moltissimi studi che dimostrano che i cambiamenti climatici stanno producendo alterazioni significative sulle comunità vegetali e animali ed i servizi ecosistemici.

Ciò avviene, per esempio, attraverso l'aumento delle temperature medie, il mutamento dei sistemi climatici regionali e locali, l'alterazione del regime delle piogge, la maggiore intensità con cui si manifestano i cicloni, le ondate di caldo, le piogge torrenziali, lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai alpini, l'innalzamento del livello dei mari.

Gli impatti già osservati dei cambiamenti climatici riguardano:

-Gli ecosistemi, sui quali si segnalano alterazioni della distribuzione, composizione, struttura, funzione e servizi ecosistemici.

-Le specie, con variazioni di distribuzione (migrazione verso nord e quote più elevate, contrazione dell'areale), di popolazione e di diversità genetica.

Ciò è abbastanza intuitivo, se pensiamo che le condizioni climatiche sono fattori decisivi che determinano le specie vegetali ed animali che possono vivere, crescere e riprodursi in una determinata regione geografica. Alcune specie sono talmente legate alle condizioni climatiche a cui si sono adattate che un leggero aumento della temperatura o una piccola riduzione delle piogge o una impercettibile alterazione d’un altro parametro possono aumentare la loro vulnerabilità.

Studi accurati affermano che gli impatti e le risposte degli ecosistemi possono essere molto significative, anche se di entità diversa a seconda delle regioni geografiche e dei tipi di bioma, con conseguenze prevalentemente negative per le economie ed il benessere delle società.

In più gli scienziati sono preoccupati per le interazioni ecologiche e le retroazioni (feedback) che possono generarsi e che possono portare ad impatti severi, imprevedibili ed irreversibili sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.

Il quarto rapporto di valutazione dell’IPCC sostiene che gli ecosistemi terrestri mediterranei sono molto vulnerabili alla desertificazione e prevede un’espansione degli adiacenti sistemi aridi e semi-aridi a fronte di scenari climatici di riduzione delle precipitazioni (specialmente nel periodo estivo) e dell’aumento della temperatura al di sopra dei valori previsti per la scala globale.

Da un’indagine del 2009 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente emerge che gli ecosistemi migrano attualmente verso il polo nord alla velocità di 6,1 km e 6,1 m in altitudine per decade e che questa velocità potrebbe aumentare in futuro stanti gli scenari dei cambiamenti climatici.

Per l’area mediterranea si attendono maggiori rischi di estinzione per diverse specie terrestri e variazione della struttura delle comunità; variazione della distribuzione spaziale della flora e la contrazione delle distribuzione delle foreste, specialmente nel Meridione d’Italia e in aree montane; le specie endemiche mediterranee affronteranno le minacce maggiori, a causa della prevista riduzione delle precipitazioni, maggiore intensità egli incendi, aumento dei fenomeni erosivi; alterazione della fenologia e della stagione vegetative, della funzione e della produttività degli ecosistemi; gli effetti positivi della fertilizzazione carbonica saranno compensati dalla limitata disponibilità di acqua e dalle più elevate temperature; variazioni della distribuzione spaziale della fauna (mammiferi, rettili e anfibi), specialmente nelle aree del paese dove la frammentazione è un problema; perdita di aree umide mediterranee (importanti per la conservazione di specie endemiche e per il loro ruolo nella migrazione degli uccelli).

La regione alpina e gli ecosistemi montani sono considerati dagli esperti particolarmente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. Possibili variazioni potranno riguardare la struttura delle comunità vegetali montane, migrazione a quote maggiori e a nord di animali e piante (ammesso che essa sarà possibile).

Insomma la situazione è grave, anche se non se ne parla certo abbastanza.

Come si può fermare la perdita di biodiversità?

Si possono adottare sia strumenti diretti che indiretti per combattere la perdita della biodiversità.

Gli strumenti indiretti sono quelli che hanno l'obiettivo di ridurre le influenze negative esercitate dai fattori di perdita della biodiversità. Rientrano in questa categoria il controllo delle emissioni di sostanze inquinanti o la tutela della qualità delle acque, ma anche in generale la diminuzione dei consumi e degli sprechi, la ricerca di fonti energetiche “alternative” ed ecologiche, la limitazione nella produzione e nell’uso di materiali sintetici (es. la plastica) che non riescono ad essere smaltiti dall’ambiente.

Gli interventi diretti sono invece quelli con cui si cerca di conservare direttamente le specie e gli ecosistemi. In primo luogo vi sono le leggi e le norme, che per essere efficaci devono però essere continuamente rafforzate da un valido sistema di controlli, ed aggiornate alla luce di nuove problematiche come la diffusione di specie aliene e i cambiamenti climatici globali. L’esempio forse più significativo di questo tipo di interventi è la creazione di aree naturali protette, il cui scopo principale è quello di preservare paesaggi, formazioni geologiche, flora, fauna, ambienti marini, ma soprattutto di sperimentare e promuovere modi diversi e più sostenibili di utilizzare le risorse naturali.

La Convenzione sulla Diversità Biologica (in inglese Convention on Biological Diversity, il cui acronimo è CBD), è un trattato internazionale, elaborato durante la Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro nel 1992, al quale fino ad oggi hanno aderito 193 Paesi, l’ultimo in ordine di tempo la Somalia (nel 2010).

La CBD si propone di tutelare la diversità biologica (o biodiversità), in quanto gli Stati firmatari si sono impegnati a raggiungere 3 obiettivi primari:

-conservare la diversità biologica;

-favorire un uso sostenibile delle sue componenti;

-distribuire in modo giusto ed equo i benefici economici che derivano dall'utilizzo di queste risorse genetiche siano distribuiti.

In particolare, era stato preso l’impegno di ridurre in modo significativo entro il 2010 il tasso di perdita della biodiversità (sia animale che vegetale), in modo da contribuire alla riduzione della povertà sulla Terra, che è collegata, tra l’altro, anche alla biodiversità.

Ma purtroppo, come sappiamo, l’obiettivo non è stato affatto raggiunto.

Cosa possiamo fare noi per proteggere la biodiversità?

Ognuno di noi può fare qualcosa. Ogni nostra azione quotidiana e gli acquisti che facciamo hanno un effetto sulla biodiversità. Se ognuno di noi facesse qualcosa, una o due scelte personali al giorno, determineremmo di sicuro un impatto positivo e cumulativo sulla biodiversità.

Prendiamo l'esempio dell'acqua. Nell'acqua è nata la vita, l'acqua è uno degli ingredienti fondamentali per la vita come la conosciamo. Quindi salvaguardare questa risorsa è molto importante e si può fare in molte maniere. Per esempio usare acqua del rubinetto invece di acqua in bottiglie di plastica. Usare saponi convenzionali invece di quelli antibatterici il cui uso è in forte espansione. I composti chimici (per esempio. triclosano e triclocarbano) contenuti in quei saponi sono molto persistenti e creano dei seri problemi ambientali. Altre scelte utili all'ambiente riguardano l'acquisto di alimenti stagionali, prodotti localmente e possibilmente biologici e la riduzione del consumo di carne. La produzione di carne, soprattutto di quella bovina, consuma quantità enormi di acqua, oltretutto in Italia si consuma il doppio di carne di quanto consigliato dall'Organizzazione Mondiale della Sanita.

Maggiore attenzione dovrebbe essere prestata al consumo di energia, alla propria impronta di carbonio, alla produzione di rifiuti. Infine è utile informarsi sulla crisi della biodiversità ed aderire a campagne di sensibilizzazione, o scegliere di fare un'esperienza di volontariato a favore di specie animali protette o di riserve naturali, tanto per fare degli esempi.

Queste ovviamente sono delle indicazioni generiche valide per tutti.

Ma per quanto riguarda la biodiversità agricola ci sono tante cose che possiamo fare.

Innanzitutto dobbiamo capire che l'ambiente agricolo è un ambiente comunque artificiale arricchito di tante specie estranee all'ambiente naturale. Questo fatto attira molti animali che si nutrono delle piante coltivate, creando di fatto uno squilibrio nell'ecosistema agricolo. Per riequilibrare l'ambiente agricolo ci sono molti interventi possibili, se si guarda tutto nell'ottica dei cambiamenti climatici.

Per attuare degli interventi davvero efficaci ci vorrebbe una conoscenza molto approfondita di come funziona l'ecosistema nel quale coltiviamo. Se per esempio coltiviamo in un ambiente che allo stato naturale era un bosco non possiamo pensare di trasformarlo in un ambiente totalmente diverso come una prateria ( un campo di grano altro non è che una prateria artificiale) senza gravi conseguenze per l'ambiente. Oppure se volessimo trasformare una prateria umida in un bosco artificiale (per esempio un frutteto). Dobbiamo capire quali sono le regole che mantengono in equilibrio l'ambiente nel quale coltiviamo e adattarlo il più possibile alle nostre esigenze senza stravolgere tutto. Per tornare al primo esempio che ho fatto, se vogliamo coltivare il grano dove prima c'era un bosco la soluzione probabilmente migliore sarà quella di mantenere almeno un certo numero di alberi. Magari piantati in fila per facilitare la coltivazione, magari alberi da frutto che ci possono dare un'altro raccolto oltre a quello di grano. Ed inoltre creare un po' di ombreggiatura che con le nostre estati spesso caldissime possono limitare le necessità di irrigazione delle colture. Oltre che fornire con le loro foglie tanta biomassa utile per la formazione di un strato di humus. Gli alberi, oltre agli eventuali frutti ci forniscono tutta una serie di servizi che spesso non teniamo in considerazione. Abbiamo già detto che possono creare una giusta ombreggiatura. Catturano anidride carbonica fissandola nel legno e nelle foglie. Gli alberi da un certo punto di vista sono anche delle pompe che tirano su l'acqua da diversi metri di profondità e la immettono nell'atmosfera. Questa funzione di umidificazione favorisce la crescita delle piante che coltiviamo vicino agli alberi, ed in pratica può favorire anche la formazione di nuvole e di piogge locali. Masanobu Fukuoka diceva già anni fa che sono gli alberi a creare la pioggia. Inoltre la presenza di alberi aumenta anche la biodiversità dell'ambiente. Dagli alberi possiamo anche trarre del combustibile, cioè la legna. Ed a proposito di legna volevo fare una considerazione. Si dice in genere che a bruciare legna si è più meno neutri dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica, visto che bruciando la legna emettiamo nell'atmosfera il carbonio che la pianta ha catturato. Ma in realtà siamo nettamente carbon-negativi, nel senso che se coltiviamo un albero e poi lo tagliamo per farne legna, solo una parte del carbonio che quell'albero ha catturato negli anni della sua vita tornerà nell'atmosfera quando la bruciamo. Infatti si dovrebbe tenere in considerazione anche tutta la massa di foglie che la pianta ha prodotto e che hanno nel frattempo contribuito ad arricchire il terreno di carbonio, e poi in genere si lascia sotto terra la radice, che da sola costituisce spesso la metà del legname di un albero. E che in pratica ha catturato direttamente nel suolo una grande quantità di anidride carbonica. C'è anche da dire che se ci si riscaldasse con la legna in città l'aria diventerebbe irrespirabile, mentre nelle zone rurali con una densità di popolazione molto minore non inciderebbe in maniera così negativa sulla qualità dell'aria. Soprattutto se per ogni albero che tagliamo ne ripiantiamo un altro.

Gli alberi consolidano anche il terreno prevendo le frane. Proteggono il terreno dal dilavamento dovuto alle piogge. Quindi piantare alberi è sempre un buon metodo per rendere le nostre terre più resistenti ai cambiamenti climatici. Poi si potrebbero fare molte considerazioni su quali siano i migliori da piantare. Una buona norma è che oltre a piantare gli alberi più adatti al clima ed al suolo in cui li piantiamo, quindi possibilmente autoctoni, è meglio piantarne di diverse specie. Questo aumenta la probabilità di avere dei raccolti in annate sfavorevoli per l'una o l'altra specie. E contribuisce ad aumentare la biodiversità.

Oltre agli alberi un altro elemento importante sono le siepi.

Si possono piantare per delimitare i confini, e si possono usare per questo scopo piante spinose per creare delle barriere impenetrabili. Ma si possono anche piantare siepi fruttifere, o di piante aromatiche. Senza dimenticare di aggiungere anche delle piante che attirino insetti utili, come per esempio delle asteracee, tipo le classiche margherite perenni di vari colori.

Le siepi hanno anche loro molte funzioni importanti, oltre a quello di poter essere usate come recinzioni e per i loro prodotti utili come frutti, olii essenziali e sostanze medicinali.

Come barriere frangivento riducono l'evaporazione dell'acqua dal suolo, riducendo la necessità di irrigare.

Se sono siepi di aromatiche contribuiscono a disorientare gli insetti che si nutrono delle piante che coltiviamo.

Gli spazi che occupano ovviamente non saranno coltivati e rappresentano delle vere oasi di biodiversità. Danno rifugio a tantissime specie di animali, dai rettili agli uccelli, ma soprattutto a tanti invertebrati, tra i quali molti predatori utili a controllare le popolazioni di insetti nocivi per le nostre colture. In particolare i fiori attirano frotte di parassitoidi, soprattutto ditteri ed imenotteri. Inoltre le siepi servono anche come strutture di sostegno per le ragnatele di moltissime specie di ragni, ed in pratica grazie a ciò le siepi diventano dei veri e propri filtri anti-insetti.

Come anche gli alberi creano ombra, anche se ovviamento in misura minore.

In generale contribuiscono alla creazione di un microclima favorevole per le nostre colture.

Contribuiscono anche loro a trattenere il suolo ed a limitare l'erosione.

Ed ovviamente anche loro contribuiscono a catturare l'anidride carbonica, che è attualmente il gas che più di tutti sta contribuendo al cambiamento climatico.

Vorrei tornare ancora un attimo alle piante che ci interessano per i loro fiori. Non mi stancherò mai di ripetere quanto siano importanti nel controllo delle popolazioni di insetti parassiti delle nostre piante. Ci possono far risparmiare molti soldi e tempo, riducendo anche di molto la necessità di combustibili fossili, e quindi sono fondamentali quanto gli alberi per combattere il cambiamento climatico in atto. Spesso si guarda alle piante che non producono frutti o prodotti “vendibili” come a delle piante inutili o quasi. Ma a parte il fatto che non è vero neanche da un punto di vista strettamente economico, lo è ancor meno se si ha una visione di insieme di come funziona un ecosistema. Aumentare la biodiversità è sempre utile per chi coltiva la terra, ma se pensiamo a quali cambiamenti potranno esserci nei prossimi anni e decenni sarà fondamentale rendere le nostre terre coltivate il più resistenti possibile ad ogni tipo di stress ambientale.

Un'altro capitolo importante per aumentare la biodiversità è la riduzione drastica dell'uso di pesticidi ed anticrittogamici. Queste sostanze hanno spesso effetti devastanti sia a breve termine sugli organismi viventi, ma anche a lungo termine, visto che poi vanno ad accumularsi nel suolo e nelle falde acquifere. Non è facile abbandonare l'uso di queste sostanze, perchè è molto più facile usarle invece di imparare a farne a meno, ci vorrà uno sforzo non indifferente per convincere gli agricoltori a limitarne l'uso, e qui mi viene in mente una domanda che una volta mi ha fatto una ragazza di seconda media durante un corso di educazione ambientale: “Cosa possiamo fare noi per cambiare le cose?”. Bene, io gli ho risposto che dobbiamo imparare come attuare il cambiamento, e poi informare gli altri su quello che abbiamo imparato. Insomma quello che sto facendo qui e che stavo facendo in quella scuola. La cosa più importante che possiamo fare è proprio informare gli altri come fare. Oltre ovviamente a mettere in atto comportamenti “virtuosi” nella nostra vita.