Cambiamenti climatici

Sul cambiamento climatico è stato scritto talmente tanto che dilungarmi ora con tutte le prove a disposizione non mi sembra il caso. Da qualsiasi lato si guardi è evidente. Lo scioglimento dei ghiacciai è ampiamente documentato, addirittura filmato dal fotografo naturalista James Balog del National Geographic nel bellissimo documentario Chasing Ice . Le prove sono talmente schiaccianti che solo delle persone non bene informate o in malafede possono ancora negare che il cambiamento è in atto, e la responsabilità è della nostra specie. Ed in effetti la comunità scientifica ormai non dibatte più da tempo sul fatto che ci sia o meno, ma di come mitigarne gli effetti, in pratica di come adattarsi. Che è poi l'argomento delle mie parole nelle prossime pagine, con riferimento in particolare all'agricoltura ed alla gestione ambientale. Delle tante prove del cambiamento in atto voglio portare solo alcuni grafici tratti dal sito del National Snow and Ice Data Center del governo degli USA elaborati da immagini satellitari della NASA. Il grafico mostra l'estensione del ghiaccio artico. le due figure che porto qui sono riferite all'estensione del ghiaccio negli anni '80 e dal 2000 in poi. La tendenza è talmente evidente che penso che basti a dimostrare cosa sta succedendo. Soprattutto dal 2000 in poi la media dell'estensione del ghiaccio è crollata drammaticamente.

In questo grafico si vede l'andamento dell'estensione del ghiaccio artico. La linea nera (in questa immagine la seconda dal basso) è l'estensione media nel periodo 1979-2010, la fascia grigia rappresenta la zona di deviazione standard di più o meno 2C°. Nel primo decennio (1979-90) del periodo preso in considerazione l'estensione del ghiaccio è rimasta quasi sempre al di sopra della media. Se lo confrontiamo col periodo 2001-13 la differenza è evidente. Infatti nel grafico sotto si vede che l'estensione dei ghiacci è quasi sempre al di sotto della media del periodo considerato.

Uno degli argomenti più dibattuto non è il cambiamento climatico in sè ma la percezione che ha il grande pubblico di questo fenomeno. È questo il problema più grande ora. E se si guarda cosa passa l'informazione non ci si può stupire più di tanto. Con la scusa dell'obiettività ogni volta che si parla di cambiamento climatico si portano la voce di chi lo sostiene, cioè il 99,9% della comunità scientifica, e la voce di chi è scettico o negazionista (meno dello 0,1%). Col risultato che a chi non si informa bene passa una visione distorta della realtà, dove apparentemente le voci a favore e quelle contro sono più o meno uguali. Se si volesse davvero essere obiettivi si dovrebbero invitare 999 scienziati che affermano che il cambiamento climatico è in atto, ed uno scettico.

Questo quando se ne parla. E se ne parla poco. E soprattutto quelli che propongono, sulla base dei dati scientifici, le misure da adottare non si fanno parlare quasi mai. Negli anni la conoscenza scientifica è cresciuta moltissimo, ma non ci è stata comunicata quasi per niente. In una tv dove c'è solo la rincorsa all'audience la scienza non conta un granchè. Anche perchè se non si informa mai davvero sulle tematiche scientifiche non si crea neanche quel gruppo di appassionati che seguono la scienza come altri seguono cose molto più futili. In altri paesi questo tipo di appassionati è molto più presente e fa da stimolo ai giovani che sono così motivati ad interessarsi delle scienze. Sarebbe interessante chiedere ora ai bambini ed ai ragazzi cosa sognano di fare da grandi, e vedere se ci sono, e quanti, che sognano di fare gli "scienziati". Un tempo il sapere era valutato come uno dei beni supremi. Chi sapeva ricopriva ruoli importanti. Oggi i nostri migliori "cervelli" sono costretti ad andare all'estero. Hanno fatto passare il messaggio che ci sono troppi laureati in Italia e che è meglio dedicarsi ad altro. Siamo il paese europeo con meno laureati, e non sappiamo cosa farne, a parte dei laureati in legge. Ma all'estero cosa sono? Degli stupidi che spendono tanti soldi in ricerca scientifica senza ricavarne niente? Ovviamente no. Sanno che un paese è tanto più ricco, quanti più brevetti produce. Quanta più ricerca fa. Le cause di tutto ciò sono sicuramente molte, ma non è difficile vederci delle colpe anche gravi degli uomini che avrebbero dovuto ben amministrare il nostro paese.

Ma non voglio certo perdere del tempo a criticare i nostri politici. Quello che mi interessa è risvegliare l'interesse per questo problema, e proporre delle soluzioni. Molte delle cose di cui parlerò sono tratte da studi commissionati da organizzazioni che non si possono certo definire poco serie, quali la Fao o la Nasa. Peccato che in Italia certi studi non vengano quasi mai nominati. La Fao ha commissionato studi sperimentali su come assorbire parte delle emissioni di CO2 con l'agricoltura, studiando quali piante sia meglio piantare a questo scopo, con sperimentazioni in tutto il mondo, per vedere come e quanta CO2 si possa catturare con le diverse piante alle diverse latitudini. Questo negli anni novanta. Oggi, dopo più di 15 anni in Italia quasi non se ne parla. E metto quel quasi solo perchè non posso essere sicuro che qualcuno non ne abbia parlato. Io non ne ho mai sentito parlare da nessuno. Quando ho iniziato a studiare il fenomeno ed a cercare le soluzioni mi sono accorto che già si era sperimentato molto in questo campo. Ma in Italia sembra non sia successo niente. Sono vent'anni che cerco soluzioni per adattarci ai cambiamenti in atto, e purtroppo le conoscenze che mi hanno stimolato nelle mie ricerche le ho trovate quasi tutte in sperimentazioni fatte in altri paesi. In Italia, c'è ben poco, e quel poco non viene comunicato. Siamo in netto ritardo non solo rispetto ai paesi europei, ma persino confrontandoci con tanti paesi cosiddetti "in via di sviluppo". Ed il ritardo è tanto più grave perchè l'Italia con la sua posizione geografica ed il suo clima particolarissimo probabilmente avrà bisogno di soluzioni "su misura" molto di più di altri paesi. Nonostante ciò in linea di massima si sa cosa fare, anche se col tempo potremo trovare soluzioni meglio calibrate per le diverse realtà italiane.

Ma adesso voglio farvi vedere solo alcune delle infinite prove del cambiamento climatico e delle sue cause, e soprattutto quanto dei gas serra che immettiamo nell'atmosfera. Ci sono tanti grafici prodotti da diversi centri di ricerca che ci dicono tutti la stessa cosa. Che da quando abbiamo iniziato ad usare i combustibili fossili su scala industriale, e quindi a produrre tanta CO2, le temperature sono aumentate in maniera direttamente proporzionale alla concentrazione di gas serra nell'atmosfera, soprattutto di CO2. Grafici come il seguente spiegano molto bene come l'aumento di temperatura sia direttamente collegato con le emissioni di CO2.

Concentrazione di CO2 ed andamento temperature globali. Grafico www.ncdc.noaa.gov/indicators/
Concentrazione di CO2 ed andamento temperature globali. Grafico www.ncdc.noaa.gov/indicators/

Ma quante e quali emissioni sono dovuti all'agricoltura ed alla filiera agroalimentare nel suo iniseme? Nei grafici seguenti sono indicati approssimativamente le risposte a queste domande.

Grafico tratto da www.grain.org
Grafico tratto da www.grain.org

Nel grafico qui sopra si vede che le emissioni dell'agricoltura sono tra l'11 e il 15% delle emissioni totali, ma se si aggiungono le emissioni derivate dal cambio di di uso del suolo e la deforestazione, tra il 15 ed il 18%, quelle dovute alla trasformazione, trasporto, imballaggio e distribuzione tra il 15 ed il 20%, e quelle dovute alla gestione dei rifiuti tra il 2 ed il 4%, si vede che dal 44 al 57% delle emissioni totali sono dovuti alla produzione del cibo. E che quindi in questo comparto nuove strategie di contenimento delle emissioni potrebbero essere molto incisive sulle emissioni totali.

In questo grafico si vedono le quantità di gas serra emessi dalle diverse attività collegate all'agricoltura.

In verde quelle dovute direttamente alla lavorazione e gestione del suolo.

In blu il metano derivato dalla fermentazione enterica degli animali allevati.

In rosso quelle derivati dalla coltivazione delle risaie e dalla gestione della concimazione organica.

In arancione quelle dovute alla deforestazione, sia al semplice taglio delle foreste, sia quelle dovute alla combustione nei casi (frequenti) in cui i boschi vengono bruciati per ottenere nuovo suolo agricolo. In giallo altre fonti.

Grafici tratti dall'Emission Database for Global Atmospheric Research version 3.2, fast track 2000 project
Grafici tratti dall'Emission Database for Global Atmospheric Research version 3.2, fast track 2000 project

Nel grafico qui sopra si vedono le emissioni di gas serra per settori produttivi. Si vede che le percentuali dei vari studi cambiano leggermente da uno studio all'altro, ma la sostanza non cambia. In questo particolare grafico si vedono anche le fonti per i tre principali gas serra, cioè anidride carbonica (biossido di carbonio o CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O).

Fin qui per quanto riguarda il cambiamento in atto e le sue cause legate all'agricoltura.

Nelle prossime pagine cercheremo delle strategie su come diminuire le emissioni in agricoltura.

 

Nel video prodotto dalla NASA qui sotto si capisce bene perchè dobbiamo farlo.

Per bene interpretare il video si deve tener presente che il bianco significa nessuna variazione rispetto alla media, l'azzurro una variazione in meno di 1°C, il blu di 2°C in meno, in giallo di 1°C in più ed il rosso 2°C in più della media di quel periodo. Visto che le temperature medie vengono paragonate a quelle medie di un periodo abbastanza lungo è ovvio che all'inizio le temperature siano più basse della media e dopo si alzino nella maniera evidenziata dal video. Ovvio, se c'è un riscaldamento in atto. Altrimenti il colore dominante sarebbe stato il bianco ed un mix di giallo ed azzurro, con qualche eccezione, non questo spostamento evidente verso il rosso, soprattutto nell'emisfero nord del nostro pianeta.